la tela è ricordata da Francesco Brogi (1897) e negli inventari del museocome opera di scuola di Salvator Rosa. Il dipinto si inserisce, infatti, nel gruppo di paesaggi più prossimi al filone realistico, che a partire dai primi due decenni del Seicento affianca con successo la produzione di paesaggi classicheggianti e ideali. Principali interpreti della corrente reaslistica sono alcuni artisti neerlandesi (fiamminghi o olandesi) come Van Poelenburg mentre tra gli italiani svolsero un ruolo fondamentale Filippo Napoletano e Salvator Rosa. Ad un anonimo maestro neerlandese attivo alla metà del XVII, Laura Martini (2000) riferisce il paesaggio in esame.