Questo realistico ritratto di anziana gentildonna in abiti vedovili, erroneamente elencato nell'Inventario Crociani (1861) come opera del Carracci, ricordato dal Brogi (1863) e da lui assegnato alla scuola bolognese, è stato più propriamente riferito da Marco Chiarini (1983) al pittore di Anversa Giusto Suttermans, del quale si può ammirare un'altro efficace "Ritratto femminile" ad olio su rame nella sezione dello Studiolo del Museo Civico (cat. n. 199). L'opera, caratterizzata da "una severità d'immagine che nulla lascia prevedere delle successive tendenze più decorative e barocche del pittore" (M. Chiarini), è databile secondo Laura Martini tra il terzo e il quarto decennio del Seicento dopo il viaggio romano del Suttermans avvenuto nel 1627, rivelando influssi della ritrattistica di Andrea Sacchi nella monumentalità d'impianto della figura, unita ad una ricerca di una umanità intensa e ad una pittura ricca e pastosa, ricorrente soprattutto nel periodo iniziale del suo soggiorno fiorentino, dove chiamato al servizio di Cosimo II nel 1620 rimase per oltre mezzo secolo quale ritrattista ufficiale della corte medicea. Dal punto di vista stilistico Laura Martini suggerisce accostamenti con opere come il "Ritrovo dei cacciatori" (ante 1638) e il "Ritratto di Elia" nella Galleria Palatina di Firenze,databile prima del 1637 e il "Ritratto delle contadine delle tenute medicee" conservata agli Uffizi.