L'opera, proveniente dalla Chiesa di S. Agnese, era incollata sotto altratela dipinta con una santa domenicana e la composizione emersa in seguito al restauro ha permesso di recuperare un dipinto di insospettata qualità, attribuito da Laura Martini al pittore fiammingo Livio Mehus. Sono infatti riconoscibili i modi pittorici dell'artista, formatosi a Firenze sotto la guida di Pietro da Cortona, partecipe delle tendenze tardobarocche della pittura toscana, ma attento a tutte le novità contemporanee in campo figurativo, grazie ai numerosi viaggi compiuti a Roma, Venezia e a Parma. Il dipinto presenta uno stretto rapporto con opere realizzate dal Mehus intorno all'ottavo decennio del XVII secolo (ad esempio con la "Natività" di Palazzo Pitti), allorchè il suo percorso si arricchisce di sollecitazioni diverse e alla prima impronta cortonesca si sommano suggestioni provenienti dalla conoscenza della cultura settentrionale, veneta e genovese. L'uso di una pennellata mobile e spezzata, di tocco, animata dalla vivacità di atteggiamenti delle figure dei pastori e dal fondo paesistico acceso di luminismi e segnato da varietà cromatiche sorprendenti, permettono l'accostamento con altre versioni dello stesso tema, replicato in numerose varianti dal Mehus, come la tela esposta alla recente mostra fiorentina dedicata al pittore, collocabile nell'ottavo decennio del XVII secolo.