Il piccolo ritratto di gentildonna in abiti vedovili, facente parte di ungruppo di circa cinquanta dipinti di piccolo formato eseguiti su materiali insoliti come vetro, pietra, lavagna, rame, zinco, raccolti da Francesco Crociani e attualmente sistemati al primo piano del Museo in una ideale ricostruzione di un piccolo "studiolo" ottocentesco, è ricordato da Francesco Brogi (1863) come opera di scuola fiamminga. Più precisamente il dipinto, arricchito da una preziosa cornice intagliata e dorata a volute, è attribuito da Laura Martini a Giusto Suttermans, pittore ufficiale della corte medicea dal 1620, maestro insuperabile di numerosi piccoli ritratti a olio su tela e su rame raffiguranti esponenti della famiglia granducale, da Cosimo II alla granduchessa Maria Maddalena, ai figli Leopoldo, Francesco, Giovan Carlo de' Medici, Ferdinando II e molti altri. In particolare l'opera presenta affinità stilistiche con la maniera più sciolta, di matrice rubensiana, adottata dal Suttermans verso la fine degli Anni Trenta, avvicinandosi anche nelle sembianze al ritratto di Vittoria della Rovere, andata sposa a Ferdinando II nel 1637.